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          Durerà fino al 26 luglio 2009 la mostra, L’uomo del concilio, 
          inaugurata il 4 aprile 2009 e dedicata al cardinale Giovanni Morone 
          (Milano, 1509 – Roma, 1580), di cui ricorrono quest’anno i 500 anni 
          dalla nascita, dal Museo Diocesano Tridentino e dal Comune di Trento. 
          Oltre che nel Museo Diocesano, una sezione di essa, con i libri della 
          biblioteca personale del Morone e una sala video, è ospitata nella 
          Torre Mirana di Palazzo Thun, in cui alloggiò anche il Morone e vi 
          riceveva in incontri riservati gli altri legati papali, per concertare 
          le proposte da far poi approvare nelle congregazioni generali del 
          concilio. 
            Era stato il Principe vescovo 
            Bernardo Clesio (Cles, 1485 – Bressanone, 1539), cardinale, uomo 
            politico, amico e cancelliere dell’imperatore Ferdinando I, e 
            strenuo oppositore del Protestantesimo a preparare il Concilio di 
            Trento (1545-1563). Dopo la sua la prematura scomparsa, fu il 
            cardinale Morone, figlio di Girolamo, cancelliere del ducato di 
            Milano con gli ultimi Sforza, a far sì che la scelta per il concilio 
            cristiano cadesse su Trento.
          
            Nel 1529 Giovanni Morone, a soli 
            venti anni, fu nominato vescovo di Modena da Clemente VII de’ 
            Medici, che ne aveva intuito le grandi doti diplomatiche e lo inviò 
            in missione in Francia. Ma fu papa Paolo III Farnese a promuoverne 
            la carriera, inviandolo a più riprese come nunzio apostolico in 
            Germania ed emissario della politica papale, tra il 1536 e il 1542, 
            in Boemia, Germania e Fiandra, quale partecipante alle diete 
            imperiali di Hagenau, Worms e Ratisbona, in cui, sotto l’egida 
            dell’imperatore Carlo V, si cercava di ricomporre i conflitti 
            religiosi provocati dalla Riforma di Martin Lutero. L’esperienza da 
            lui maturata in Germania, a riguardo dei protestanti, l’aveva 
            convinto che era meglio trattare con loro, anziché perseguitarli ed 
            offenderli con ingiurie.
          
            Il suo più grande successo 
            diplomatico fu quello di ottenere, alla dieta di Spira del 1542, 
            dopo una faticosa trattativa tra Paolo III e Carlo V, che fosse 
            scelta Trento quale sede del concilio, per il fatto che apparteneva 
            al Sacro Romano Impero, era governata dal Principe vescovo 
            sottoposto all’imperatore e la sua collocazione geografica andava 
            bene sia al papa, perché la città era italiana, sia all’imperatore, 
            che desiderava che il concilio si tenesse in terra tedesca.
          
            Nel 1542 Morone fu fatto cardinale 
            e per primo arrivò a Trento, come legato pontificio, per aprire 
            ufficialmente il concilio con i cardinali Reginald Pole, inglese, e 
            Pier Paolo Parisio, tutti e tre con la carica di presidente.
          
 
          
          
 
          
            La prima convocazione fallì a causa 
            di divergenze politiche, tuttavia l’esperienza fatta servì per 
            preparare l’effettiva apertura dei lavori nel 1545.
          
            Il Morone non partecipò alla prima 
            fase del concilio negli anni 1545-1547, per concentrare i suoi 
            sforzi nei tentativi di mediazione con le posizioni luterane. Ma il 
            tutto fu inutile a causa di un decreto di giustificazione, approvato 
            il 13 gennaio 1547, e ogni illusione di comporre la frattura 
            teologica con Lutero svanì. Nel frattempo costui era morto ad 
            Eisleben il 18 febbraio 1546.
          
            A livello personale, però, per il 
            cardinale Morone le cose non andavano per niente bene. Pur essendo 
            ai vertici della curia romana, egli incarnava le contraddizioni 
            religiose di quell’epoca cruciale per la Chiesa. La sua 
            disponibilità a dialogare con i protestanti era vista male dai 
            cardinali conservatori, al punto da sospettarlo d’eresia e indurli a 
            raccogliere prove per processarlo.
          
            Il napoletano papa Carafa, uno dei 
            papi più discussi della Chiesa, appena eletto, tra la seconda e la 
            terza fase del concilio, contrastò con rigore gli eretici e per 
            fermarli rafforzò i poteri del Sant’Uffizio, il tribunale 
            dell’Inquisizione fondato da Paolo III nel 1542, ponendolo ai 
            vertici della gerarchia ecclesiastica.
          
            Su Giovanni Morone aveva appuntato 
            la sua attenzione il Sant’Uffizio, sin dall’inizio degli anni 
            Cinquanta. Il Carafa, che ne faceva parte, aveva raccolto prove a 
            suo carico contravvenendo alle disposizioni di papa Giulio III, che 
            invece apprezzava molto le qualità diplomatiche del Morone.
          
            Diventato papa nel 1555, il Carafa 
            fece accelerare l’inchiesta sul Morone, che fu arrestato nel 1557 e 
            incarcerato a Castel Sant’Angelo per due anni. Gli furono requisiti 
            libri e documenti cartacei ritenuti utili al processo cui fu 
            sottoposto. Si metteva male per lui la situazione e la sua sorte 
            pareva segnata, ma, morto che fu papa Carafa nel 1959, il processo 
            fu interrotto e lui venne scarcerato. Gli fu restituito quel che gli 
            era stato requisito e, grazie all’intervento dei sovrani asburgici, 
            Filippo II e Ferdinando I, il Sant’Uffizio lo reintegrò nelle 
            funzioni e così poté partecipare al conclave che elesse papa Pio IV, 
            che lo assolse solennemente nel 1560 proclamando la sua innocenza e 
            dichiarando nullo il processo.
          
 
          
          
 
          
            Il casato dei Carafa diede alcuni 
            cardinali alla città di Napoli nel XVI sec. e Giovan Pietro Carafa 
            fu papa col nome di Paolo IV, oltre che zio di Sigismondo Carafa, 
            primo conte di Montecalvo Irpino, mio paese natale, di cui era stato 
            feudatario Francesco Sforza, prima di diventare duca di Milano nel 
            1450.
          
            Un papa per nulla amato dalla 
            gente, il Carafa, che perseguitò gli ebrei costringendoli a portare 
            un copricapo giallo e confinandoli nel ghetto, creato nel 1555.
          
            I senatori gli dedicarono una 
            statua, alquanto controversa, inserita in un gruppo marmoreo 
            collocato nel palazzo dei Conservatori a Roma. Quando il papa morì, 
            il 18 agosto 1559, la folla inferocita e giubilante, oltre ad 
            assaltare le carceri e la sede dell’Inquisizione, distrusse le 
            sculture e di esse resta la testa scheggiata del pontefice, 
            recuperata nel fiume Tevere nella seconda metà dell’Ottocento.
          
            Pio IV decise di riaprire la terza 
            sessione del concilio di Trento nel 1562 e fu compito del Principe 
            vescovo Ludovico Madruzzo sistemare i 2.000 ospiti, tra vescovi, 
            teologi, personale delle varie legazioni e del seguito, in una città 
            di circa 6.000 abitanti.
          
            Anche stavolta, però, i lavori 
            erano caratterizzati da aspri conflitti e le tensioni bloccavano a 
            tal punto l’attività da far temere un nuovo fallimento. Per cercare 
            di sbloccare la situazione, il papa, nel 1563, inviò il Morone, come 
            legato pontificio, dopo la morte dei legati precedenti Gonzaga e 
            Seripando.
          
            Grazie alle sue doti diplomatiche, 
            il cardinale Morone riuscì a riavviare le procedure e a mediare tra 
            le varie posizioni ottenendo il consenso dei personaggi più 
            influenti del concilio, ecclesiastici e laici. Superata la grave 
            crisi, il concilio si chiuse ufficialmente il 4 dicembre 1563 con la 
            proclamazione e l’approvazione di tutti i decreti emanati dal 
            concilio in tutte le sue sessioni, che furono pubblicati in un 
            volume nel 1564 da Angelo Massarelli, segretario del Tridentino.
          
            Nonostante il prestigio conseguito 
            con la chiusura del concilio, nuove accuse d’eresia si addensavano 
            sul Morone. Stavolta fu il cardinale Antonio Ghislieri a comunicare 
            in sede di conclave, dal quale il Morone poteva uscirne papa, che 
            aveva con sé le prove inquisitoriali per comprovare le sue accuse. 
            Fu lo stesso Ghislieri ad essere eletto papa nel 1566 col nome di 
            Pio V. Tuttavia, quelle accuse non furono portate avanti dal nuovo 
            papa per non smentire l’operato del suo predecessore, chiudere con 
            le lacerazioni provocate dall’Inquisizione e proporre alla storia 
            un’immagine di compattezza della Chiesa controriformistica.
          
 
          
          
 
          
            Morone morì a Roma e 
            nell’iscrizione funeraria della lapide con lo stemma di famiglia, 
            voluta dai suoi nipoti e che ne indicava la sepoltura sotto l’altare 
            maggiore di Santa Maria sopra Minerva, egli era ricordato come 
            legato apostolico e presidente del concilio di Trento, che con le 
            sue vicende n’aveva segnato profondamente l’esistenza.
          
            La mostra, con le oltre 70 opere 
            esposte, provenienti dal museo del Louvre di Parigi, dagli Uffizi di 
            Firenze, dalla Biblioteca Apostolica Vaticana, da alcune importanti 
            Gallerie di Roma, dai musei di Berlino, Napoli e Siena, e da alcune 
            famose collezioni private, attraverso gli splendori dell’arte sacra 
            e le biografie di papi, cardinali, imperatori e fautori della 
            Riforma protestante, ha il gran pregio di proporre una rilettura 
            nuova e differente da certe interpretazioni convenzionali del 
            passato dei fatti del concilio di Trento.
          
            Diversi dipinti e stampe, di 
            differenti autori ed epoche, illustrano alcune sedute del concilio 
            nella chiesa di S. Maria Maggiore o nel Duomo di Trento. Le pale 
            d’altare del bergamasco Giovan Battista Morone si fanno carico dei 
            nuovi messaggi affidati alla pittura devozionale. Diverse sculture e 
            ritratti di papi, cardinali e imperatori danno l’idea di quale 
            tempra essi fossero dotati per cercare di dominare gli eventi 
            tempestosi di quegli anni. Parecchie opere sono dedicate alla 
            cerchia di Michelangelo, che operò attorno al “circolo degli 
            spirituali”, frequentato da prelati e intellettuali a Viterbo, dove 
            operavano il cardinale Reginald Pole e la poetessa Vittoria Colonna. 
            Costei ebbe grande influenza su Michelangelo, di cui è in mostra il 
            drammatico Cristo in croce del 1562 ca, prestato da Casa Buonarroti.
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            Oltre ai libri del Morone, sono in 
            mostra lettere autografe e documenti mai usciti dagli archivi, che 
            evocano fermenti religiosi e culturali di un’epoca storica, compresa 
            tra lo strappo della Riforma luterana e l’inizio della Controriforma 
            della Chiesa di Roma, che sarebbe stata cruciale anche per il futuro 
            dell’Europa.
          
             
          
            Scheda del 
            catalogo
          
            Il 
            catalogo, di 367 pagine, illustrato con immagini a colori e in 
            bianco e nero, contiene i testi di Lucia Maestri, Assessore alla 
            cultura, Turismo e Biblioteche del Comune di Trento, Iginio Rogger, 
            Massimo Firpo, Giorgio Caravale, Alessandro Paris e Roberto 
            Pancheri. Curato da Roberto Pancheri e Domenica Primerano, con la 
            consulenza scientifica di Massimo Firpo, è stampato in marzo 2009 da 
            Tipografia Editrice Temi s.a.s. di Bacchi Riccardo & C., Trento, per 
            conto del Comune di Trento e Museo Diocesano Tridentino, al prezzo 
            di copertina di € 25. 
            (Questo testo, scritto per il Corriere-quotidiano 
            dell’Irpinia, è fruibile nel sito 
            
            www.angelosiciliano.com).
          
            
                            Zell, 12 giugno 
            2009                                                                           
                                                                        
            Angelo Siciliano
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