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HO ESTIRPATO I NARCISI

 
Ho estirpato i narcisi
nel giardino
e l’unico garofano
perché sono morti.
Perché sono morti
e qui nulla solo
si può trapiantare.
Perché abbiamo saputo
scherzare col niente
come fosse
qualcosa di umano.
 
 
Montecalvo
 
Da Versi biologici, 1977.
 
                      Angelo Siciliano

 

I NOSTRI PADRI

 
I nostri padri
ararono la piana
colmando l’orto di millenni.
Alla mangiatoia del salotto
mungiamo
la mucca dell’arazzo.
Abbiamo trascurato
l’antico pane.
Il fiume morto osserviamo
dalle grate del bosco.
Di unguento nero
imitazioni di margherite.
L’altoforno ha essiccato
l’umidità dei secoli.
Divelta
l’ombrosa foresta
per il nostro sanatorio.
 
 
Montecalvo
 
Da Versi biologici, 1977.

 

AL RISVEGLIO*

 
S’è fatta notte fonda
al paese
dove a ogni casa
il frigo sta alla cantina
la tivù al focolare
non c’è fuoco di quercia
che sfavilli né cunti.
Da tempo una cultura
maligna
s’è troppo radicata
come una donna presa
con forza tante volte
ci si è assuefatti alle violenze.
Al risveglio del cuore
spera un vegliardo tra gli ulivi
con le nacchere tra le dita:
chissà che non torni
ai giovani
la voglia a favellare.
 
 
*Alla memoria di Rocco Scotellaro e Manlio Rossi Doria.
 
 
Zell      1993
                       Angelo Siciliano
 
Da CONTROPAROLE, 13 poeti trentini contemporanei, curato da Giuseppe Colangelo,, delle edizioni ARCA di Trento 1994.

 

HO VISTO MIO PADRE
 
Ho visto mio padre
e non l’ho conosciuto.
Parli chi ha conosciuto mio padre.
Coltivava la terra
e la terra non era molta
odiava le fabbriche
e non c’erano fabbriche.
Ho visto mio padre
e non l’ho conosciuto.
Mi ha parlato forte
e non l’ho sentito
ha detto tante cose
e non ho capito.
Chi ha udito
venga a parlarmi
perché mio padre ha detto
cose importanti.
Ho visto mio padre
e non l’ho conosciuto
ho incontrato mio padre
e non si è ricordato.
 
 
Montecalvo
 
Da Versi biologici, 1977.
 
                      Angelo Siciliano

 

APOCALISSE

Di alcuni di noi
idee ruzzolano per i viali
di fastosi giardini,
come al capestro.
Non avete mangiato
il corpo di Cristo,
l’avete divorato,
sbranandovi per minuti brandelli.
Che ne è della croce coi tarli?
I neri, senza ritegno,
divorano i rossi.
Anche i rossi
divorano i rossi.
Le ossa calcinate al sole,
tra l’albero di Giuda
e quello del Perdono.
Sarà smesso il jeans
per la camicia bianca,
l’abito scuro con farfalla.
Non si fanno guerra
il coccodrillo e il pescecane.
La foresta defogliata
verso la risaia
ingombra di carogne e cadaveri.
Non verrà Cristo apocalittico:
homo sapiens sapiens
da troppo tempo
apparecchia soluzioni finali.

Da Tra l’albero di Giuda e quello del Perdono, 1987, e CONTROPAROLE, 13 poeti trentini contemporanei, curato da Giuseppe Colangelo,, delle edizioni ARCA di Trento 1994.

 

CHE TEMPI
 
Ci coprivamo a quei tempi
con brache corte legate da spago.
Da noi non passavano marinai
ma greggi, asini carichi di paglia.
Quando le ragazzine
non facevano capolino
in un pantano che ci pareva lago
giocavamo agli zampilli:
a chi lo faceva più lontano.
Ci compiacevamo come Narciso.
Che tempi!
E chi se la immaginava la diaspora…
 
 
Zell, 1994
 
                        Angelo Siciliano

 

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